13 gennaio 2009

Boicotta tutto!

Sullo scandalo metallico di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria.
Sette mila razzi in sette anni - secondo Israele - valgono 900 morti in pochi giorni.
Il riagionamento non fa una piega...
Le bombe fanno sempre il loro effetto (eccone un esempio nella foto sopra). Resta da chiarire tra le altre cose il supposto utilizzo da parte dell'esercito israeliano di armi al fosforo, il Napalm legale del 2000, già impiegato dagli Usa a Falluja.
Essendoci ormai ridotti solo ad un branco di consumatori senza palle, l'unica cosa che possiamo fare nel nostro piccolo è boicottare le aziende israeliane fino a quando le merde di destra che governano a Tel Aviv non la smetteranno di massacrare gente inutilmente.
Ogni prodotto ha un codice a barre. I prodotti israeliani hanno un codice che inizia per 729. Boicottare l'economia israeliana è l'unico modo che abbiamo per farli smettere . Dovrebbero farlo gli Stati. Dovrebbero farlo le imprese. Dovrebbero farlo tutti quelli che vivono e lavorano nel mondo dell'economia globale. Ogni euro che noi gli diamo si trasforma in bombe e tank che sparano contro la popolazione civile palestinese . Quando andate a fare la spesa, non comprate. Non dirigete soldi in quella direzione. Non facciamolo noi da consumatori ma spero non lo facciano neppure quelli che si occupano di grandi investimenti. Pia illusione, immagino, perchè chi lavora per fare soldi aspetta la distruzione degli stati per vincere gli appalti della ricostruzione. Perciò dipende da noi. Cominciamo a togliere qualche arma a chi ne sgancia a tonnellate sulla popolazione palestinese. Diamoci da fare. Passateparola
Lista dei prodotti israeliani da boicottare:
AHAVA: prodotti estetici e dermatologici distribuiti in Italia da P.M.CHEMICALS S.R.L./Milano
AMCOR: purificatori e condizionatori d'aria, insetticidiALBATROSS: fax e sistemi di posta elettronica
CANTINE BARKAN Ltd: vini con etichetta Reserved, Barkan e VillageCANTINE DELLE ALTURE DEL GOLAN: vini con etichetta Yarden, Gamla e Golan distribuiti in Italia da GAJA DISTRIBUZIONE, Barbaresco (Cuneo)
CARMEL: prodotti d'esportazione come avocados, fiori recisi e succhi di frutta
CALVIN KLEIN: alcuni capi di vestiario sono realizzati in Israele
DATTERI DELLA VALLE DEL GIORDANO varietà Medjoul e Deglet Nour
EPILADY/MEPRO: epilatori
HALVA: barrette di sesamo
INTEL: microprocessori e periferiche
JAFFA: agrumi
MOTOROLA: prodotti di irrigazione e fertilizzanti
MUL-T-LOCK Ltd: porte blindate, serrature di sicurezza, cilindri e attrezzature
NECA: saponi
PRETZELS: snack salati della Beigel
SALI DEL MAR MORTO: prodotti cosmeticiSocietà Gitto Carmelo e Figli Srl di Messina: ha costruito una strada che passa nei territori occupati ed è a solo uso dei coloniSODA-CLUB Ltd.: sistemi per carbonare e sciroppi per la preparazione disoda e soft drinks
SOLTARN Ltd: pentole e tegami in acciaio antimacchiaVEGGIE PATCH LINE: hamburger di soia e prodotti alternativi
Altre Marche:
Abbigliamento: Ask Retailer; Gottex, Gideon Oberson, Sara Prints, Calvin Klein
Aromi e spezie: MATA, Deco-Swiss, Israel Dehydration Co. Ltd.
Bevande: Askalon, Latroun, National Brewery Ltd., Carmel, Eliaz BenjaminaLtd., Montfort, Yarden Vineyards, International Distilleries of IsraelLtd. (Sabra), Gamla, Hebroni
Budini: OSEM, MATA, Israel Edible Products Ltd. -Telma
Cipolle: Beit Hashita, Carmit, Sunfrost
Formaggi: Kfir Bnei-Brak Dairy Ltd., Tnuva, Central Co-op, MATA, Haolam
Frutta: Assis Ltd., Carmel Medijuice, NOON, PRI-TAIM, Agrexco USA Ltd.,Yakhin, PRI-ZE, FIT (Federation of Israel Canners), Jaffy's CitrusProducts
Prodotti a base di pomodoro: FIT, Medijuice, Pardess, Yakhin, VITA
Prodotti dolciari (caramelle e noccioline): Carmit, Elite, Geva, Rimon,Karina, Lieber, Oppenheimer, OSEM, Taste of Israel, Israel EdibleProducts - Telma
Olive: Beit Hashita, H&S Private Label, Shan Olives Ltd. (Hazayith)
Marmellate, conserve, sciroppi, miele e frutta candita: Assis Ltd., I&BFarm Products, Meshek Industries (Beit Yitshak 778) Ltd., VITA
Pesce: Noon, Yonah, Carmel, Ask retailer/frozen fillets
Prodotti a base di tacchino: Hod Lavan, Soglowek, Yarden, Ask retailer/butcher/Deli
Prodotti dietetici: Elite, Froumine, OSEM, Israel Edible Products - Telma, Kedem, Afifit Ltd., Magdaniat Hadar Ltd., Tivon
Prodotti di forneria: Affifit Ltd., Barth, Elite, Einat, Froumine, Hadar, Israel Edible Products - Telma, Magdaniat Hadar Ltd., OSEM, Taste of IsraelProdotti vegetali: Yakhin, PRI-TAIM, PRI-ZE Growers/MOPAZ, Sanlakol, Carmelit Portnoy, Tapud, Sun Frost
Salse per pizza: Jaffa-Mor, VITA, H&S Private Label, MATA
Zuppe, salse e dadi: Israel Edible Products Ltd. - Telma, OSEM, MATA, Gourmet CuisineSoftware e componenti per computer: Four M, Cimatron, Eliashim Micro Computers, Sintel, Ramir (Adacom), Rad, Orbotech, Shatek, Scitex, 4th Dimension Software Ltd., magic Software, 32-bit

31 dicembre 2008

Palestina libera in Mondo libero

La Palestina (latino: Syria Palestina; ebraico biblico: פּלשת, Pelesheth, o ארץ פּלשתיים, erezt Pelishtiyim, "terra dei Filistei"; ebraico moderno: פלשתינה, Palestina, o ארץ־ישראל, Eretz Yisrael; arabo: فلسطين, Filasṭīn) è una regione storica del Vicino Oriente compresa tra il Mar Mediterraneo ed il fiume Giordano. Attualmente il suo territorio è diviso tra lo Stato di Israele, i territori palestinesi, ed in parte dalla Giordania, Libano e Siria, ovvero l'area del Mandato britannico della Palestina (1920-1948) ad ovest del fiume Giordano.

Il termine Palestina è anche usato per riferirsi al proposto Stato Palestinese. All'interno del conflitto israelo-palestinese questa accezione suscita violente polemiche.

Due giorni dopo natale Israele inizia a bombardare la striscia di Gaza.

Al terzo giorno dei bombardamenti il ministro della difesa israeliano (quello che comanda l'esercito) ha dichiarato che 'Israele ha lanciato una guerra a oltranza contro Hamas e i suoi simili', una frase dal sapore nazista per giustificare lo stermionio di un'intera popolazione, come se non fossero umani, come fossero animali, come fossero un'altra razza. I 'simili' di Hamas sono le donne, i bambini, i ragazzi e le ragazze del popolo della striscia di Gaza, che Hamas l'hanno democraticamente votato e lo sostengono giorno per giorno, lo fanno vivere nei mille rivoli della Resistenza palestinese.

Gli Stati uniti dichiarano che è colpa di Hamas, i principali paesi europei, almeno nelle dichiarazioni, hanno già capitolato.

Cosa rimane?

Di sicuro un'altra metà del mondo, che non inizia e non finisce nell'occidente capitalista. Ma rimane anche, e sopratutto, la Resistenza dei popoli arabi alle continue aggressioni militari occidentali, occidente che ha già trasformato il cosidetto stato di Israele in una gigantesca caserma militare a cielo aperto, dotata di testate nucleari e dei più moderni armamanenti militari, una caserma con alcune funzioni civili (non a caso in Israele l'esercito è la principale istituzione statale, quella che comanda, su tutto).

Nell’aria acre odore di zolfo, nel cielo lampi intermezzano fragorosi boati. Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinnanzi ai cadaveri.

Mi trovo dinnanzi all’ospedale di Al Shifa, il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione. Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l’ospedale Wea’m. Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah, l’università islamica (distrutta), e diverse moschee sparse per tutta la striscia. Oltre a decine di installazioni CIVILI.

Pare che non trovando più obbiettivi "sensibili", l’aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.

E’ un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti, e il domani è sempre una nuovo giorno di lutto, sempre uguale. Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo, quando vedi il lampo, sei già spacciato, è troppo tardi per mettersi in salvo.

Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia, nessun posto è al sicuro.

Non riesco a contattare più amici a Rafah, neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city, spero perchè le linee sono intasate. Ci spero. Sono 60 ore che non chiudo occhio, come me, tutti i gazawi.

Ieri io e altri 3 compagni dell’ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all’ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata. Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia, il loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa di notte.

Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall’ospedale, l’onda d’urto a mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti. Un’ ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell’ora. Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili, la bomba israeliana ha distrutto anche l’edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.

Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline. 5 sono morte, una è gravissima.

Hanno adagiato le bambine sull’asfalto cabonizzato, e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili. Non è un errore, è volontario cinico orrore.


Siamo a quota 320 morti, più di un migliaio i feriti, secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore, nei prossimi giorni di una lunga agonia.

Decine sono i dispersi, negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli, da due giorni, spesso invano. E’ uno spettacolo macabro all’obitorio. Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all’obitorio, ha riconosciuto suo marito da una mano amputata. Tutto quello che di suo marito è rimasto, e la fede ancora al dito dell’amore eterno che si erano ripromessi.

Di una casa abitata da due famiglie, è rimasto ben poco dei corpi umani. Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto, e tre gambe.

Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull’imbarcazione. Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 0800 am. Sempre che il porto esista ancora dopo quest’altra notte di costanti bombardamenti. Starò in contatto con loro tutto questo tempo.

Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile", in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.

C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.

Vik in Gaza

Vittorio Arrigoni

blog: http://guerrillaradio.iobloggo.com/

15 dicembre 2008

Come eravamo

Suzanne Von Richtofen si è alzata in piedi, ha abbassato la testa e ha ascoltato in silenzio impassibile la lettura della sentenza che l'ha condannata a 39 anni di prigione per aver pianificato e diretto l'omicidio dei suoi genitori. Ventidue anni, bionda, primogenita di una famiglia dell'alta borghesia di San Paolo, discendente del celebre Manfred Von Richtofen il Barone Rosso dell'aeronautica tedesca durante la prima guerra mondiale




Il disastroso fallimento della Sinistra Arcobaleno alle recenti elezioni passerà alla storia come un esempio per antonomasia di opportunismo politico e del suo caro prezzo. L’alleanza elettorale dell’Arcobaleno formata da quattro partiti ha perso tre quarti del suo elettorato nel giro di solo due anni.
Alle elezioni del 2006, Rifondazione Comunista, il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) e i Verdi riuscivano a vincere un totale di circa 4 milioni di voti. Alle recenti elezioni del 14 e 15 aprile 2008, gli stessi partiti insieme alla Sinistra Democratica (scheggia seceduta dai Democratici di Sinistra) hanno ottenuto un totale di solo 1.100.000 voti—insufficienti per una rappresentanza parlamentare. Ciò significa che, per la prima volta dalla caduta del fascismo, in parlamento non vi è piú un partito che si associa alla tradizione comunista.
Nei due anni decorsi fra le due elezioni, i partiti facenti parte dell’Arcobaleno erano alleati attivi nel governo di Romano Prodi, offrendo supporto a politiche che in ogni senso erano dirette contro gli interessi della gente ordinaria.
Prodi è riuscito a ridurre il deficit dello stato dal 4,6 per cento del PIL all’1,9 per cento attraverso un rigido programma di austerità. Trovava il consenso delle oligarchie finanziarie italiane e europee mentre la classe lavoratrice pagava il conto vedendosi ridotti i salari e aumentata l’età pensionabile.
In politica estera, Prodi ha mantenuto truppe italiane in Afganistan, ha inviato ulteriori truppe in Libano, ha sostenuto l’espansione della base militare americana a Vicenza nonostante enormi opposizioni della popolazione, e ha aumentato la spesa militare.
Prodi ha intensificato anche gli attacchi ai diritti democratici piú elementari. Il suo governo ha passato una legge che autorizza le forze di sicurezza a deportare qualsiasi straniero che sia giudicato pericolo pubblico. Il decreto è cosí vago che ripone nelle mani delle forze di stato poteri virtualmente arbitrari.
Tutte tali misure hanno ottenuto il supporto della Sinistra Arcobaleno con la giustificazione che questa era l’unica maniera per prevenire un ritorno al potere di Silvio Berlusconi. Mentre gli elementi piú di destra del governo Prodi dettavano l’indirizzo politico, la cosiddetta “sinistra” si consolidava pugnalando alle spalle i propri elettori.
Claudio Grassi, senatore di Rifondazione, ha ammesso recentemente: “Una volta battuto Berlusconi, tutte le forze che erano state all’opposizione hanno fatto promesse che però hanno completamente disatteso. Suscitando grande malcontento, una grande delusione. La gente ha pensato: ecco, quando stanno all’opposizione fanno promesse e poi al governo si comportano come gli altri. E noi del Prc abbiamo pagato più degli altri. In diciotto mesi abbiamo votato il rifinanziamento della missione in Afghanistan quando precedentemente avevamo votato contro; Prodi ha dato il via libero alla base di Vicenza, quando nel programma si parlava di riduzione delle spese militari. Per non parlare dei temi sociali: basta pensare al protocollo sul welfare.”
Il ripudio di massa della Sinistra Arcobaleno da parte dell’elettorato è la giusta ricompensa per tale opportunismo senza scrupoli, per la sua mancanza di principio nell’inadempienza di promesse a favore di una poltrona ben pagata. L’atteggiamento di Bertinotti, promosso da segretario PRC a terzo in carica come presidente della Camera, è tipico, in questo senso.
Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei Verdi dimessosi in seguito al risultato elettorale, ha dovuto ammettere il caro prezzo pagato a causa della sua partecipazione al governo Prodi. Ha inoltre concesso di essersi mischiato nella burocrazia istituzionale e gli elettori lo hanno punito.
Analisi preliminari del risultato elettorale mostrano che circa metà di coloro che precedentemente avevano votato per i partiti dell’Arcobaleno sono restati a casa durante le elezioni, scegliendo di non votare. La Sinistra Arcobaleno è in gran parte responsabile per la diminuzione dell’affluenza alle urne, dall’83 all’80 per cento. Il 40 per cento di elettori che precedentemente sceglievano un partito dell’Arcobaleno hanno votato in favore del Partito Democratico (PD) di Walter Veltroni, mentre solo il 5 per cento è passato al fronte di Berlusconi.
La riduzione di supporto per l’Arcobaleno si è manifestata particolarmente fra strati della classe lavoratrice. Basti rilevare i dati pervenuti dal quartiere Mirafiori di Torino, ove molti operai della FIAT risiedono. Nel 1996 i partiti dell’alleanza Arcobaleno prendevano 5865 voti; nel 2006 3657; quest’anno solo 1124.
Un portavoce di una corrente d’opposizione all’interno di Rifondazione, Leonardo Masella, ha concluso: “La causa principale della perdita di 3 milioni di voti sta nella partecipazione al governo, nel crollo di fiducia del nostro elettorato, lavoratori, giovani, donne, precari che si sono sentiti traditi dalla politica del governo.” Riferendosi alla responsabilità diretta di Bertinotti: “Avete tradito gli operai, i lavoratori, i precari, i ceti più deboli. Avete tradito i giovani del grandioso movimento contro la guerra in Iraq. Avete tradito i giovani di Genova. Avete tradito le popolazioni della Val di Susa. Avete tradito la popolazione di Vicenza.”
Vuoto politico
Mentre, nell’immediato, la destra di Berlusconi ha tratto i maggiori profitti del collasso dell’Arcobaleno emergendo cosí con una solida maggioranza, tale collasso mostra anche un cambiamento politico importante fra i lavoratori e i giovani. Ne hanno avuto abbastanza di partiti e politici di pseudo-sinistra che sono pronti solo a fare discorsi radicali e promesse gratuite durante le campagne elettorali per poi tradire senza pietà gli elettori una volta raggiunta la poltrona.
Gli elettori non credono piú che sia possibile cambiare la situazione all’interno degli schemi istituzionali o attraverso i partiti esistenti e stanno cercando una prospettiva che gli permetta di intervenire nella vita politica come forza indipendente. Ciò diverrà sempre piú evidente con l’intensificarsi degli imminenti conflitti di classe che inevitabilmente si verificheranno come conseguenza della crisi sociale e dell’impatto della crisi finanziaria internazionale. La classe dirigente italiana e i suoi rappresentanti di “sinistra” sono pienamente al corrente di ciò e ne sono preoccupati. Sin dalla caduta del regime di Mussolini hanno contato sul Partito Comunista Italiano (PCI) al fine di mantenere la classe lavoratrice sotto controllo. Dopo la caduta del duce, la borghesia italiana è stata in grado di ripristinare il proprio dominio con il supporto del PCI. Palmiro Togliatti, leader storico del PCI, partecipò al governo fra il 1944 e il 1946. Fu responsabile per il disarmo della Resistenza e, in qualità di ministro di giustizia, implementò un’estesa amnistia per crimini commessi dalla dittatura fascista.
Durante la Guerra Fredda, il PCI veniva forzato nella sfera dell’opposizione, ma quando alla fine degli anni ’60 un’ondata di scioperi militanti e ribellioni giovanili mise in crisi il paese, il partito oppose vigorosamente tale movimento e in seguito cercò, ma senza successo, di formare una coalizione con la Democrazia Cristiana attraverso il Compromesso Storico.
Oggi, gli ex quadri politici del PCI sono la struttura portante del Partito Democratico, il quale vede nel Partito Democratico americano il suo modello, rinunciando quindi a qualsiasi pretesa di politica socialista. Il ruolo del vecchio PCI—l’abbinamento di politica borghese con simbolismo “comunista”—veniva assunto da Rifondazione, emersa nel 1991 da un’ala del PCI. Assorbiva in sé una larga fascia della sinistra piccolo-borghese radicale.
Lotte di fazione
Il fallimento elettorale ha causato un dibattito molto acceso sul futuro di Rifondazione. Il suo leader, il veterano Fausto Bertinotti, si trova in minoranza. Intende formare un nuovo partito al di fuori dell’Arcobaleno, rompendo definitivamente qualsiasi legame con il retaggio comunista. Lo scorso fine settimana, la sua proposta si scontrava con una maggioranza a lui opposta, durante una riunione del comitato politico nazionale di partito. Solo 70 membri votavano a suo favore, con 98 contro.
Bertinotti si era già dimesso dai suoi incarichi di partito la sera delle elezioni. Le sue dimissioni venivano seguite da quelle del segretario di partito, Franco Giordano, insieme a tutto il segretariato nazionale. Il ministro di Solidarietà Sociale del governo Prodi, Paolo Ferrero, è stato selezionato come segretario provvisorio, fino al congresso di partito che si terrà questa estate. Il fatto che Ferrero sia a capo dell’opposizione contro Bertinotti dice molto sulla sua natura politica. Come unico membro di Rifondazione a detenere un ministero nel governo Prodi, Ferrero condivide in pieno le responsabilità delle politiche di governo.
In un’intervista sull’Unità, giornale del Partito Democratico, Ferrero rifiuta qualsiasi responsabilità personale per il risultato disastroso del suo partito alle elezioni. Al contrario, ha affermato che la strategia di partecipazione al governo è fallita perché le forze della sinistra moderata—cioè i democratici di sinistra—non hanno mantenuto il loro programma e i sindacati non hanno sufficientemente protetto i loro interessi. Per sindacati, Ferrero intende prima di tutto i loro membri—quindi biasimando la classe lavoratrice per le responsabilità che lui non intende assumersi.
Inoltre, c’è un centinaio di intellettuali che si oppone alla dissoluzione di Rifondazione in un partito “Arcobaleno”. Essi hanno firmato un appello preparato dal professore di filosofia Domenico Losurdo. Questo gruppo vuole ripristinare la tradizione stalinista del Partito Comunista Italiano che ha giocato un ruolo cosí vitale nel passato per la classe dirigente.
L’appello punta alla “ricostruzione di un partito comunista forte e unificato che corrisponde alle esigenze dei tempi”, basato sull’unificazione di Rifondazione con i Comunisti Italiani. Questi ultimi, con a capo lo stalinista di carriera Armando Cossutta, si erano separati da Rifondazione dieci anni fa. In un’intervista per il giornale tedesco Junge Welt, Losurdo esprimeva la sua preoccupazione per il fatto che “tre liste trotskiste” si erano presentate alle elezioni e avevano “intercettato voti”. Da parte sua, Losurdo si identifica nella tradizione di Togliatti.
Copertura di sinistra
Alcuni dei gruppi che avevano funzionato come una copertura di sinistra per Rifondazione negli ultimi anni avevano già abbandonato la nave prima del naufragio elettorale. Due di essi, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCdL) e la Sinistra Critica, si sono presentati con le loro liste di candidati alle elezioni. In totale, hanno ricevuto quasi 400mila voti—ossia un terzo dei voti ottenuti dalla Sinistra Arcobaleno.
Sinistra Critica è guidata da membri del Segretariato Unificato, l’Internazionale pablista, il cui leader storico in Italia, Livio Maitan, era membro del comitato esecutivo di Rifondazione per 10 anni e, fino alla sua morte nel 2004, fu uno dei consiglieri chiave di Bertinotti. Vari membri di questa tendenza venivano eletti nel 2006 su liste di Rifondazione e diedero il loro supporto al governo Prodi. Solo a dicembre scorso, alla luce di crescenti conflitti con la dirigenza di Rifondazione, si distaccavano da essa per costituire Sinistra Critica come organizzazione indipendente.
Come la sua consorella francese, la Ligue Communiste Révolutionnairee (LCR), Sinistra Critica ha come obiettivo quello di costituire un partito che ostacoli l’avvicinamento di una nuova generazione al Marxismo. Rifiuta categoricamente di trarre conclusioni dal collasso di Rifondazione e il suo ruolo come copertura di sinistra. Cosí facendo, Sinistra Critica si sta preparando per il prossimo disastro.
Nella sua relazione introduttiva alla conferenza costituente di Sinistra Critica, Salvatore Cannavò parlava con compiacenza di “un ciclo politico finito”, di un’esperienza che si conclude, come se non ci fosse nulla da imparare da essa. Ha asserito con tutta serietà che Rifondazione aveva rappresentato gli interessi della classe lavoratrice per piú di 10 anni, cessando di giocare un ruolo anti-capitalista solo quando entrava nel governo due anni fa. Cannavò è stato eletto alla Camera su lista di Rifondazione ed è un membro portante del Segretariato Unificato.
Il PCdL, costituito nel 2006, è altrettanto implausibile quanto Sinistra Critica. Il suo leader, Marco Ferrando, è passato attraverso una serie di organizzazioni, incluso il Segretariato Unificato per un periodo, ed era membro di Rifondazione per 15 anni prima di separarsi da esso nel 2006. Come Sinistra Critica, il suo obiettivo è quello di riempire il vuoto politico risultante dal collasso di Rifondazione, al fine di precludere lo sviluppo di una vera alternativa politica.

26 maggio 2008

Italiani razzisti? Ma la smettessero loro di essere così negri...


Da quando il Popolo della Libertà ha vinto le elezioni in questo paese si respira un'aria nuova, di conciliazione, di dialogo. Lo dicono tutti, Berlusconi non è più quello di una volta, per questa tornata si preoccuperà davvero dei problemi del paese (che sono tra l'altro sempre quelli da circa trent'anni).
In campagna elettorale sono stati precisi: hanno puntato sulla questione sicurezza - la principale emergenza italiana -.

Non i monopoli economici delle ex imprese di stato (Enel, Telecom ecc), non il lavoro precario, non la crisi economica, non la criminalità organizzata (la prima azienda per fatturato).
Sono quei negri puzzolenti il vero problema. Hanno davvero rotto le palle - così ci era sembrato di capire - "Padroni a casa nostra" dicevano dal Nord le Brigate verdi (Falange "Bavetta") mentre calavano assatanate alla porcilaia romana.
E i terroni hanno raccolto subito l'invito.
Ora non sono più i primi della lista nera (o verde) della Lega ora, tra rom, marocchini, rumeni, africani, saranno scesi al massimo al decimo quindicesimo posto.
Ecco perchè hanno ben pensato di agire incendiando qualche campo Rom (scatenando le proteste dell'on Alessandra Mussolini: "quelle cose non si fanno perchè ci stanno i bambini lì dentro" ha sottolineato. Come dire, "fossero solo campi per adulti...magari un cerino glielo tiravo pure io" (la sensibilità femminile).
Sulla lotta all'immigrazione ci hanno fatto la campagna anche quelli di an Alemanno & company lanciano la guerra agli stranieri, Maroni vara il decretino sicurezza.
Introduce il reato di immigrazione clandestina (presto secondo le stime ci saranno 650 mila nuovi delinquenti, era ora...).
"A Brescia - me lo aveva detto un dirigente di An - ripuliremo la città".
Detto fatto.
Ieri a ROMA - scrive Repubblica: "Una vera e propria spedizione punitiva al grido di "Sporchi stranieri" e "Bastardi". Nel mirino gli extracomunitari del quartiere Pigneto a Roma. Oggi pomeriggio un gruppo di venti ragazzi, guidati da un uomo, con i volti coperti da foulard con la svastica, ha fatto irruzione in un alcuni negozi di una delle zone più multietniche di Roma. In via Ascoli Piceno i teppisti hanno danneggiato due vetrine e un frigo bar di un negozio di alimentari e le vetrine di un call center. In via Macerata sono stati assaltati un altro alimentari ed è stata infranta la vetrata del portone di un'abitazione. Un extracomunitario del Bangladesh è stato picchiato dalla banda. "E' stato colpito da una bastonata e non ha avuto bisogno di andare a farsi medicare in ospedale", hanno raccontato alcuni testimoni".
(testimonianza diretta: http://tv.repubblica.it/home_page?playmode=player&cont_id=20589&showtab=Copertina).

Il Pigneto è noto come quartiere di negozi e attività straniere. Dovrebbero essere quelli regolari, quelli "che vanno bene". In realtà danno fastidio anche loro.
Ovviamente non è colpa di Bossi, Maroni, Alemanno o Castelli se hanno bruciato i campi rom o i negozi del Pigneto. Non è colpa sua per il semplice fatto che qui nessuno si prende la responsabilità delle sciocchezze che dice. Nel frattempo i neonazisti predicano l'amore (vedi:http://email5.leonardo.it/webmail/wm_5/redir.php?http://it.youtube.com/watch?v=8oDunXO9ySk) e i risultati si vedono.
Ma che succede? C'è paura dell'uomo nero e del suo big bamboo? L'italiano ha paura che il suo piccolo pisellino pendùlo non sia all'altezza?
Per non parlare della nuova cappa che vogliono mettere a quel briciolo di informazione libera che c'è in questo paese. Fra poco la Rai tornerà ad essere (non ha mai smesso di esserlo in realtà) il palco del potere e nessuno potrà dire nulla di diverso dalla versione ufficiale della Casta.
La situazione può solo peggiorare.

Lo diceva il maestro Indro Montanelli (noto eversivo anarchico): "Gli italiani non sanno svoltare a destra senza finire nel manganello".
Ci stiamo arrivando piano piano, al manganello, d'altra parte...è il Popolo delle libertà ...

10 ottobre 2007

Grazie Radiohead

Già altri lo avevano fatto con modi tempi e forme diverse ma questa è la dimostrazione che gli "artisti" hanno capito che il mercato della musica non è più lo stesso, da tempo...
I Radiohead sicuramente uno tra i gruppi piu importanti del rock degli ultimi 15 anni, senza casa discografica ( come se Ronaldiño fosse senza squadra), ha deciso di "vendere" il suo nuovo disco su internet facendo decidere il prezzo all'acquirente/fan...


Il sito 'Inrainbows.com' viaggia lentissimo. Troppi download oggi, evidentemente. Dopotutto, è il primo giorno che si può scaricare 'In Rainbows' con offerta libera.

Dopo qualche minuto d'attesa, si apre la pagina principale. C'è da cliccare su 'ENTER', e si giunge ad un'altra pagina che domanda se si vuole pre-ordinare il download oppure la versione discobox. Per il momento, optiamo per il download, anche perché il 'discobox' arriverebbe solo dopo il 3 dicembre. Ed aspettare così tanto è davvero troppo difficile.

Una finestrella bianca permette di inserire la propria offerta per l'acquisto, in sterline. Fatti due rapidi calcoli, propendiamo per mettere un bel '3' nella finestrella. Son circa 5 euro, comprando l'LP nei negozi non avremmo mai fatto arrivare ai Radiohead tutti questi soldi. Ne avremmo spesi una ventina, ma la gran parte si sarebbero persi in passaggi intermedi (rivenditore, casa discografica, distributore, ecc.).

Completata l'iscrizione, effettuato il pagamento con una carta di credito ricaricabile, giunge nella nostra casella e-mail il link per procedere allo scaricamento, che dura una decina di minuti che paiono interminabili. Ma il nuovo album dei Radiohead ora è qui, c'è l'icona sul nostro desktop.

Bisogna solo un-zipparlo. Lo mettiamo nel lettore mp3, e poi ci facciamo un bel cd audio con Nero, perché ascoltarlo da uno stereo è un'altra cosa. La qualità del suono è ottima. Il primo brano, '15 Step', ci fa subito capire di che pasta è fatto. E in attesa di un giudizio più accorto e complessivo, ecco la descrizione canzone per canzone che ne dà 'Nme.com':

'15 Step'
"Ormai parte integrante delle più recenti scalette dei live, il brano di apertura ha ritmi pesanti, colpi di batteria e battiti di mani sincopati ed è minimale e scarno, con il sofferente sliding di chitarra di Jonny Greenwood, ormai suo marchio di fabbrica, ricorrente lungo tutto il pezzo. Il testo è enigmatico: "You used to be alright / What happened? / Etcetera, etcetera / Facts for whatever / 15 steps / Then a sheer drop"."

'Bodysnatchers'
"Suonata per la prima volta live nel 2006, questo titolo è stato citato più volte nei post che la band ha scritto sul proprio blog lungo i mesi precedenti alla realizzazione dell'LP. Un po' più affine al suono di chitarra dei Radiohead delle origini, questa canzone ha un ritmo coinvolgente e, al suo interno, una solida chitarra blues."

'Nude'
"Scritta più di 10 anni fa, 'Nude' è stato sempre considerato un classico 'dimenticato'. La canzone, che una volta si chiamava 'Big Ideas (Don't Get Any)', non è mai apparsa sugli album precedenti perché la band non riusciva ad accordarsi circa l'approccio da avere in studio di registrazione. Il brano si apre con un deciso taglio orchestrale, su cui si innesta il cantato di Thom Yorke. E' una pezzo lento, etereo, sostenuto dal classico drumming di Phil Selway, non molto diverso da quello di 'Pyramid Song'."

'Weird Fishes/Arpeggi'
"Questa canzone fu suonata per la prima volta da Thom Yorke e Jonny Greenwood in un concerto speciale alla Royal Festival Hall di Londra nel 2005. Da allora la band l'ha sempre riproposta in tour. E' piuttosto tranquilla e rilassata ma dotata di una base ritmica alquanto 'dancey'. Thom Yorke canta del timore di essere mangiato da vermi e da strani pesci (i 'Weird Fishes' del titolo)."

'All I Need'
"Ha debuttato live nel giugno dell'anno scorso. Sostenuta da particolari effetti ottenuti col violoncello e modellata da una pulsante melodia elettronica, è una sorta di canzone d'amore a metà. Le liriche recitano: "I'm a cloud of moths / Who just wants to share your light/I'm just an insect / Trying to get out of the night", "You only stick with me / Because there are no others"."

'Faust ARP'
"Mai suonata dal vivo sinora, sebbene il titolo della canone fu citato nei post del blog. Mutevole e orchestrale ma allo stesso tempo orecchiabile e scattante, è delineata da una chitarra acustica in perfetto stile Radiohead, che rimanda molto a 'Paranoid Android'."

'Reckoner'
Altro numero decisamente orchestrale, questa canzone risale a sessioni precedenti a 'Hail To The Thief' ed è stata anche suonata live prima che il precedente album uscisse. La voce di Thom Yorke sembra essere un coro. Uno dei pezzi preferiti dai fans, che hanno invocato su vari forum la presenza del pezzo nel disco, che inizialmente non doveva esservi incluso."

'House Of Cards'
"Ha debuttato nel 2005 suonata solamente da Thom con la chitarra acustica. Una canzone minimale, reggae-ata e più leggera rispetto ai numerosi momenti orchestrali di 'In Rainbows'. Il tocco di chitarra è piuttosto allegro."

'Jigsaw Falling Into Place'
"Conosciuta precedentemente col titolo di 'Open Pick', ha debuttato live nel tour 2006. Un intro di chitarra spagnoleggiante dà il via a un trascinante loop di chitarra acustica e batteria, e quindi a un riff di chitarra elettrica sempre più incisivo."

'Videotape'
"Quella di cui si è parlato di più tra le nuove canozoni. Suonata live per la prima volta nel 2006, è minimale e scarna, costruita attorno alla chitarra cupa di Thom. Batteria ed effetti circolari entrano tardi nel pezzo, ma al di là di tutto rimane un brano raffinato e tenero. Un'altra canzone considerata dai fans come un highlight."

Cristiano Gruppi

8 ottobre 2007

40 anni fa

Cerchiamo di essere realisti, facciamo l'impossibile
cerchiamo di imitarlo almeno un poco, non solamente di comprare magliette con la sua faccia stampata sopra

14 DICEMBRE 1964

Dalla città di New York il programma "Face of the Nation" trasmette un'intervista spontanea e diretta con Ernesto Che Guevara, ministro dell'industria di Cuba. Il comandante Guevara sarà intervistato dal corrispondente della CBS alle Nazioni Unite, Richard C. Hottelet, da Tadd Szulc, della redazione di New York del "New York Times" e dal corrispondente della CBS Paul Niven.

NIVEN. Comandante Guevara, nel suo discorso all'Assemblea generale di avant'ieri, lei ha accusato gli Stati Uniti di aiutare i Paesi vicini a preparare nuove aggressioni contro Cuba. A nostra volta, noi abbiamo accusato frequentemente il suo governo di promuovere la sovversione in altri paesi latino-americani. Vede qualche possibilità di uscita da questa situazione, qualche modo di migliorare le relazioni?

GUEVARA. Penso che soluzioni ve ne siano, e credo che ve ne sia una sola. Abbiamo detto ripetutamente al governo degli Stati Uniti che non vogliamo niente altro, solo che loro si dimentichino di noi, che non si preoccupino di noi, né in bene né in male.

NIVEN. Comandante Guevara, abbiamo altre domande sulle relazioni di Cuba con questo paese e con i paesi comunisti, e sulla situazione interna di Cuba stessa. Comandante Guevara, lei ha detto un momento fa che le piacerebbe semplicemente che noi nordamericani ci dimenticassimo di Cuba. Il suo discorso dell'altro giorno suggerisce che lei non riesce a dimenticarsi di noi: lei ci considera un governo ostile a novanta miglia. Come può sperare che noi vi dimentichiamo?

GUEVARA. Io non ho detto esattamente che avevo la speranza che voi ci dimenticaste. Lei mi ha chiesto una soluzione e io le ho detto qual è la soluzione, al momento attuale. Se sia possibile o no, è un'altra domanda.

SZULC. Signor Guevara, in diverse occasioni recenti il premier Fidel Castro ha suggerito, in interviste con giornalisti in visita a Cuba e in altre occasioni, che si deve fare uno sforzo nuovo per normalizzare le relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti, particolarmente sul terreno del commercio e degli scambi. Come economista, lei ritiene personalmente che sarebbe utile o vantaggioso per Cuba riallacciare relazioni di questa natura? In altre parole, le piacerebbe vedere normalizzarsi queste relazioni?

GUEVARA. Non come economista, perché non mi sono mai considerato un economista, ma un funzionario del governo cubano, come un cubano qualunque credo che relazioni di buona armonia con Gli Stati Uniti sarebbero molto buone per noi dal punto di vista economico più che in qualsiasi altro campo, perché tutta la nostra industria è stata costruita dagli Stati Uniti e le materie prime e i pezzi di ricambio che dobbiamo fabbricare con grandi difficoltà, o importare da altre aree, potrebbero venirci direttamente. C'è anche lo zucchero, per il quale abbiamo avuto tradizionalmente il mercato nordamericano, che è anche vicino.

SZULC. Comandante, se la memoria mi è fedele, nel 1960. lei ha pronunciato diversi discorsi, uno in particolare nel marzo 1960, nel quale disse che continuare a vendere zucchero agli Stati Uniti era per Cuba una forma di colonialismo al quale Cuba veniva sottoposta. Ha cambiato opinione su questo?

GUEVARA. Naturalmente, perché quelle erano condizioni diverse. Noi vendevamo zucchero a condizioni specifiche stabilite dai compratori nordamericani, che a loro volta dominavano il mercato e la produzione interna di Cuba. Attualmente, se vendessimo zucchero agli Stati Uniti, l'unico a venderlo sarebbe il governo cubano e tutti i profitti sarebbero per il nostro popolo.

HOTTELET. Dottor Guevara, Washington ha detto che ci sono due condizioni politiche per il ristabilimento di relazioni normali tra Stati Uniti e Cuba: una, l'abbandono dei suoi impegni militari con l'Unione Sovietica, l'altra l'abbandono della politica di esportazione della rivoluzione in America Latina. Vede qualche possibilità di cambiamento in qualcuno di questi punti?

GUEVARA. Assolutamente no. Noi non poniamo agli Stati Uniti nessun tipo di condizione. Non vogliamo che cambino il loro sistema. Non pretendiamo che cessi la discriminazione razziale negli Stati Uniti. Non mettiamo condizione alcuna per il ristabilimento di relazioni, ma neppure accettiamo condizioni...

HOTTELET. Ma la mia domanda è se lei accetterebbe queste condizioni poste dagli Stati Uniti per la ripresa di relazioni normali.

GUEVARA. Non accetteremo nessuna condizione dagli Stati Uniti, non accetteremo
nessuna condizione impostaci dagli Stati Uniti.

HOTTELET. Ma nella questione dei missili Russia-Cuba e delle relazioni militari cubane con l'Unione Sovietica, come possono gli Stati Uniti essere sicuri che Cuba non rappresenterà di nuovo una minaccia strategica? Accetterebbe l'ispezione delle Nazioni Unite o l'ispezione dell'Organizzazione degli Stati Americani sul posto?

GUEVARA. Lei ha menzionato l'Organizzazione degli Stati Americani. Avant’ieri il delegato Colombiano ha parlato dell'orbita dell'OSA. Si tratta in effetti di un'orbita attorno agli Stati Uniti. Un'ispezione da parte di simili delegati sarebbe un'ispezione realizzata dagli Stati Uniti. Lei dice che gli Stati Uniti non si sentono sicuri e noi chiediamo agli Stati Uniti, possiamo sentirci sicuri che non esistono missili contro Cuba? Non possiamo, quindi, arrivare ad una soluzione armonica perché i paesi nel mondo sono uguali. Ispezioniamo tutte le basi, le basi atomiche degli Stati Uniti, e ispezioniamo anche ciò che abbiamo a Cuba, e, se lo desidera, liquidiamo tutte le basi atomiche a Cuba e negli Stati Uniti e noi saremo perfettamente d'accordo su questo.

NIVEN. Comandante, lei sta in realtà tentando di esportare la sua rivoluzione? Inviate armi tutti i giorni ad altri paesi latino-americani? State portando a Cuba rivoluzionari di altri Paesi per poi restituirli addestrati alla loro patria?

GUEVARA. Ho avuto anche l'opportunità di dirlo all'assemblea e posso ripeterlo categoricamente adesso: le rivoluzioni non si esportano. Le rivoluzioni sono create dalle condizioni di oppressione che i governi latino-americani esercitano contro i popoli, da lì viene la ribellione e dopo sorgono le nuove Cuba. Non siamo noi che creiamo le rivoluzioni, è il sistema imperialista e i suoi alleati, alleati interni, che crea le rivoluzioni.

SZULC. Lei è stato in tutte le occasioni, secondo me, un critico chiaro e candido, lei stesso, di ciò che è avvenuto nella economia cubana. Ho letto i suoi discorsi nella parte che criticava gli errori politici e gli errori di giudizio. Ora che state arrivando al settimo anno della vostra rivoluzione, analizzerebbe, per noi, brevemente, ciò che è successo nell'economia del suo Paese? Lei crede che potreste incominciare a risollevarvi dal livello cui eravate scesi? Che pronostico farebbe rispetto all'economia per il 1965? Sarà il settimo anno magro o non lo sarà necessariamente?

GUEVARA. Una domanda molto difficile, perché si possa rispondere in pochi istanti. Mi state bombardando con domande di ogni specie. Cercherò di essere molto conciso e di spiegarlo al popolo nordamericano. Abbiamo commesso un gran numero di errori nel campo economico, naturalmente. Non solo io li critico, è Fidel Castro che ha criticato ripetutamente gli errori che abbiamo commesso, e ha spiegato perché li abbiamo commessi. Noi non avevamo una preparazione anteriore. Siamo incorsi in errori nell'agricoltura e nell'industria. Tutti questi errori si stanno adesso risolvendo. Nell'industria stiamo concentrando il nostro sforzo migliore nel far sì che le fabbriche lavorino alla capacità massima; stiamo tentando di sostituire le attrezzature che sono in cattive condizioni a causa della mancanza di pezzi di ricambio che non possiamo comprare negli Stati Uniti; tentiamo di estendere la nostra industria sulla base delle nostre risorse di materie prime, di ridurre la nostra dipendenza dai mercati esteri e di dedicare i nostri sforzi, nel 1965, al settore della sicurezza e dell'igiene del lavoro per rendere le nostre fabbriche più confortevoli per il lavoratore; perché il lavoratore vi si possa sentire veramente un uomo completo. Abbiamo rilevato delle fabbriche dal sistema capitalista, per il quale la questione più importante era produrre, specialmente a Cuba. Non voglio dire che negli Stati Uniti le fabbriche - quelle industriali - sono luoghi di sfruttamento in cui l'uomo è spremuto come un'arancia. So che qui il lavoratore nordamericano gode di molti vantaggi, ma quei vantaggi a Cuba non erano stati ottenuti e le condizioni erano molto cattive, poco salubri. Abbiamo dedicato i nostri sforzi a rendere migliore la vita, il tempo che il lavoratore passa nello stabilimento industriale. Sarà questo uno dei nostri principali sforzi durante l'anno prossimo.

HOTTELET. Mi piacerebbe tornare...

NIVEN. Abbiamo altre domande sulla situazione interna di Cuba.

HOTTELET. Dottor Guevara, lei ha protestato per la presenza della base navale nordamericana di Guantànamo e per i continui voli di ricognizione nordamericani su Cuba. Adotterete qualche misura militare sia contro la base, sia contro gli aerei?

GUEVARA. Bene, l'altro giorno, all'assemblea ho dovuto spiegare che non ci piace fare bravate. Conosciamo la potenza degli Stati Uniti. Noi diciamo che il governo degli Stati Uniti vuole farci pagare un prezzo molto alto per questa coesistenza non pacifica di cui oggi godiamo, e il prezzo che siamo disposti a pagare arriva solo fino alle frontiere della dignità, non va oltre. Se per vivere in pace dovessimo metterci in ginocchio, dovrebbero prima ucciderci. Se non vogliono arrivare fino a questo punto, continueremo a vivere nel miglior modo possibile che è questa coesistenza non pacifica attualmente vigente con gli Stati Uniti.

NIVEN. Che cosa significa questo in termini di diplomazia spicciola, Comandante?
Che cosa ci proponete di fare?

GUEVARA. Abbiamo denunciato in tutte le assemblee, in tutti i luoghi in cui abbiamo avuto la possibilità di parlare, l'illegalità dei voli e il fatto che esiste una base contro la volontà del popolo cubano; abbiamo anche denunciato il numero di violazioni, di provocazioni partite da quella base, e abbiamo chiesto ai Paesi non allineati e all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di prendere delle misure per evitare questo stato di cose.

NIVEN. Comandante, posso chiederle che percentuale del popolo di Cuba appoggia la rivoluzione?

GUEVARA. Bene...

NIVEN. Abbiamo dieci secondi.

GUEVARA. È molto difficile in dieci secondi. In questo momento non abbiamo elezioni, ma una grande maggioranza appoggia il governo.


http://www.youtube.com/watch?v=AZ7IZcw1fNQ


5 ottobre 2007

Bush chi era costui?

Come annunciato il presidente George W. Bush ha posto il veto sulla legge che intendeva estendere l'assistenza sanitaria ai bambini poveri dando vita a un nuovo fronte di scontro con la maggioranza democratica al Congresso. Si tratta della quarta volta dal suo insediamento nel 2001 che Bush usa questa prerogativa presidenziale. Il provvedimento, il 'Children's Health Insurance Program' (Chip) garantisce la copertura sanitaria solo ai bambini indigenti, attualmente 6,6 milioni di minori, ma ne esclude altri 4 milioni leggermente piu' fortunati che comunque non riuscirebbero a pagarsi un'assicurazione sanitaria. Proprio per questi ultimi il provvedimento bocciato da Bush prevedeva fondi extra per 35 miliardi di dollari ai programmi sanitari dei singoli Stati. La somma sarebbe stata raccolta grazie all'incremento della tassazione sulle sigarette.


CAMBIARE LA REALTA'

Durante la seconda guerra mondiale venne perpetrato, ad opera dei nazisti una violenta persecuzione nei confronti degli zingari. La persecuzione divvene ben presto deportazione e sistematico sterminio.

Accanto agli ebrei, gli zingari vennero perseguitati perché appartenenti ad un gruppo ritenuto "inferiore" e per il quale il Terzo Reich prospettò "la soluzione finale". Quello nazista fu il periodo più tragico per un popolo che dalla sua comparsa in Europa (probabilmente attorno al XV secolo) conobbe sempre l'esclusione, gli editti di allontanamento e la persecuzione. Al processo di Norimberga contro i criminali nazisti, l'olocausto zingaro venne praticamente dimenticato e ancora oggi sono rari i lavori e le manifestazioni che lo ricordano.

Dopo diversi studi ad opera del dottor Ritter e della sua collaboratrice Justin, volti a dimostrare "l'irrecuperabilità della razza zingara", nel 1938, tutti gli Zingari vagabondi furono raccolti nei campi "d'abitazione" per facilitare il loro controllo. Dal 1939 venne istituito "l'Ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara, ad opera dello stesso Himmler .

In seguito fu emesso un mandato di cattura per tutti gli individui di sangue "misto" che si trovavano nel Reich con l'obbligo di trasferirli in campi di concentramento (tra i quali quello di sterminio di Auschwitz). Eichmann sulla "questione zingara" scrisse: "mi pare che il metodo più semplice sia quello agganciare a ciascuna tradotta di ebrei qualche vagone di zingari".

Un medico delle SS affermò: "Abbiamo rilevato che la razza zingara non si lascia trasformare.
Il nostro compito può essere solo di prendere in considerazione il problema zingaro nella sua totalità , e di regolarizzare alla radice la loro presenza in Germania".

La sterilizzazione , si disse, è "necessaria per impedire il propagarsi di generazioni asociali e criminali".
Himmler (capo delle S.S.e responsabile del programma attuato nei campi di concentramento ) diede l' ordine di sterminare tutti gli zingari, eccetto gli abili al lavoro e alcune coppie di gemelli di eta' compresa tra 5 e 12 anni, utili per inumane sperimentazioni.

Ad Auschwitz vi era un campo interamente composto da Zingari ,moltissimi erano bambini.

Alcuni testimoni raccontano: "Il blocco dei bambini nei lager degli zingari non era molto diverso da quello degli adulti .Ma vedere come essi fossero ridotti era una cosa che spezzava il cuore ...La bocca era smangiata dalle ulcere del noma , i loro corpi erano sciolti dalla dissenteria ...

La sete e la fame erano i più grandi tormenti ; essi si scambiavano le ultime razioni di pane per un bicchiere d'acqua inquinata ...Di notte strisciavano per raggiungere di nascosto le tinozze con l'acqua per lavare i piatti, e, la ingurgitavano tutta".

Sono rare le ricerche sulla soluzione finale del problema zingaro. I più noti sono i lavori di Donald Kenrich e Grattan Puxon che vengono riportati qui sotto. Nell'Italia fascista non si creò una "questione zingara" come nella Germania nazista, tuttavia dal 1940 gli zingari vennero internati in campi (Agnone, Tossicia, Tremiti) e da testomonianze si sa che i fascisti collaborarono con i tedeschi nella deportazione. Da ricordare, per la sua efferatezza, il regime ustascia in Croazia, dove nel solo campo di Jasenovac vennero sterminati 40000 Rom.

Gli inquirenti incaricati di predisporre gli atti di accusa del processo di Norimberga, contro i criminali nazisti, non sono riusciti a valutare con precisione l'entità del massacro: sicuramente più di 500.000 zingari scomparsero nei vari campi di concentramento nazisti. Nello stesso processo vennero spese soltanto poche parole per l' olocausto che segnò profondamente l'intero popolo zingaro.

Paese Popolazione zingara
prima del 1938
Popolazione zingara
deceduta nei lager nazisti
Austria 11200 6500
Belgio 600 500
Boemia 13000 6500
Croazia 28500 28000
Estonia 1000 1000
Francia 40000 15000
Germania 20000 15000
Olanda 500 500
Ungheria 100000 28000
Lettonia 5000 2500
Lituania 1000 1000
Lussemburgo 200 200
Polonia 50000 35000
Romania 300000 36000
Slovacchia 80000 1000
URSS 200000 30000
Serbia 60000 12000
Italia 25000 1000
Dati tratti dal libro "Il destino degli zingari" di Donald Kenrick - Grattan Puxon Edizioni RIZZOLI .

Tutti questi dati potrebbero risultare enormemente inferiori alle cifre reali, se si rendesse disponibile altra documentazione per il momento chiusa in molti archivi europei.


TRE FRATELLI

Erano tre fratelli / cresciuti insieme / si abbracciavano, si amavano. / Ma non presentivano / che cosa sarebbe avvenuto di loro. / Un fratello di notte / hanno portato nel lager. / Sono rimasti due fratelli / speravano che tornasse. / Ed essi cantano la canzone / della sua lontananza. / Tre fratelli uno dietro l'altro / fusi in un essere solo / divisi per sempre / lontano uno dall'altro.
Rasim Sejdic (poeta zingaro)

SONO RIMASTO IN BILICO

Sono rimasto in bilico / sulla lama di un coltello / Sono rimasto gelato come la pietra. / Il mio cuore tremò / son caduto sul filo del coltello / M'è rimasta la mano destra / e l'occhio sinistro / ho versato lacrime / ad Auschwitz dove sono rimasti gli Zingari / La lacrima è scesa / la mano ha preso la penna / per scrivere parole qualunque.
Rasim Sejdic (poeta zingaro)

27 settembre 2007

A che cosa serve l'ONU?

A niente
è la risposta esatta...o almeno non serve al suo scopo originale.
Senza l'egida dell'ONU non si potrebbero prendere decisioni quali fare guerre ad altri paesi o decidere sanzioni ad altri paesi in modo indipendente; ed infatti per ovvi motivi di potere "grazie" a Russia e Cina e Indonesia non si riesce neanche a prendere un'iniziativa simbolica di condanna unanime contro i militari del Myanmar.
Quando però c'è da lasciare la parola allo sceriffo...ecco che tutti ascoltano e proni accettano i giudizi, lui fa le guerre da solo, giustifica blocchi economici, viola diritti umani a più riprese e costringe il suo popolo a seguirlo nel delirio e tutto va bene, chiama dittatori sanguinari presidenti eletti dal proprio popolo senza brogli elettorali, insomma la storia la sappiamo abbiamo gli strumenti per conoscerla, però...
La storia la fanno i potenti e quindi importa solo quello che dice Bush non importa se Cuba si indigna ( neanche il diritto di replica ormai si concede), Il Venezuela con Chavez addirittura diserta ormai schifato e un modesto indigeno presidente della Bolivia propone che l'Onu si sposti da New York in altra sede, sperando forse che cambiando aria cambi anche il vento...

Dichiarazione del presidente del Nicaragua, Daniel Ortega Saveedra alle nazioni unite:
"Buona sera egregi rappresentanti delle popolazioni che integrano questa Organizzazione delle Nazioni Unite.
Voglio iniziare ricordando i milioni di esseri umani vittime delle politiche del colonialismo e del neocolonialismo, le vittime dell'Olocausto, le vittime di Hiroshima e Nagasaki, della schiavitù dell'Apartheid, delle guerre di occupazione del Vietnam, Afghanistan, Repubblica Domenicana, Grenada, Panama e Nicaragua.
Le vittime di quest’eroico e nobile popolo cubano, che ha sofferto ogni tipo di aggressione e un embargo brutale e inumano. I cinque eroi, prigionieri dell'impero, per aver lottato contro il terrorismo.
Voglio ricordare le vittime dell'attentato al World Trade Center, i milioni di uomini e donne che sono stati e continuano ad essere vittime del genocidio prodotto dal capitalismo globale.
Le vittime della discriminazione e dell'Apartheid provocato da chi nega loro l'ingresso nei paesi sviluppati. Voglio ricordare le popolazioni che in America Latina cercano di entrare negli Stati Uniti e quelle che in Africa e Asia cercano di entrare nelle nazioni europee.
Voglio anche ricordare e portare la nostra solidarietà alle vittime dei disastri naturali, che allo stesso tempo sono anche vittime delle politiche del capitalismo globale imperialista, il quale con la sua idea di sviluppo continua a provocare distruzione, morte e povertà, convertendosi nel maggior aggressore della Madre Terra, distrutta oggi da questa avarizia del capitalismo imperiale.
Voglio ricordare le vittime dei recenti fenomeni naturali, stimolati da questa depredazione del capitalismo globale imperialista, le vittime dell'Uragano Katrina, le vittime del terremoto in Perù, le vittime delle inondazioni in Africa. Le vittime dei popoli originari, del popolo miskito, mayagna, vittime dell'Uragano Felix in terra centroamericana, latinoamericana e dei Caraibi, nella terra di Sandino e Rubén Darío. I nostri fratelli dei popoli miskito e mayagna, che hanno ottenuto l'Autonomia nel 1987 e che oggi partecipano a un processo in cui saranno riconosciuti i loro pieni diritti stabiliti dalla Legge d’Autonomia, mi hanno chiesto di consegnarvi oggi un documento firmato dai leader delle popolazioni miskitos, mayagnas, dei popoli afrodiscendenti, vittime dell'Uragano Felix.
18 anni fa ho avuto l'opportunità di dirigermi a questa Assemblea Generale della ONU e ricordo perfettamente quali fossero i discorsi, i messaggi, le posizioni. Sono passati 18 anni e grazie alla lotta del popolo di Sandino, sono nuovamente qui.
Questa mattina, quando stava iniziando questa Assemblea, ho ascoltando con attenzione le parole del secondo oratore (George Bush n.d.t.) e non ho trovato nessuna differenza tra quello che era il pensiero, la parola, l'azione di chi allora era alla testa di questa potenza imperiale e quello che ho ascoltato questa mattina. Cambiano i Presidenti negli Stati Uniti e magari vengono qui con le migliori intenzioni, pensando che quello che stanno facendo sia per il bene dell'umanità, ma non riescono a rendersi conto che sono solo strumenti di un ennesimo impero, un altro impero tra i tanti che si sono imposti sul nostro Pianeta.
Dimenticano però che la vita degli imperi è effimera in relazione al tempo. Nascono, si riempiono di superbia e prepotenza, si mettono a dirigere le cose come fossero degli Dei, decidendo chi è il buono e chi è il cattivo. Decidono le modalità con cui consegnare l'assistenza, che altro non è se non il debito storico che hanno nei confronti dei nostri popoli. E non si rendono conto che stanno semplicemente facendo il gioco dell'impero e delle sue politiche.
Non è quindi strano che ritroviamo oggi lo stesso discorso ed anche le stesse circostanze di oppressione, violenza, terrore che soffre l'umanità. Un'umanità ancora più minacciata di 18 anni fa dalla tirannia del capitalismo globale imperialista.
Esiste adesso un Ordine Economico Internazionale, ma chi lo decide? Una minoranza di dittatori che impongono i loro interessi e che sono gli stessi che hanno schiavizzato i popoli africani, le nostre popolazioni indigene e le popolazioni originarie degli Stati Uniti.
Sono poi arrivati gli immigrati dall'Europa, senza nessun diritto, a distruggere quiete popolazioni e a installarsi come padroni di ciò che non apparteneva loro.
Hanno rubato a questi popoli i loro diritti, la loro cultura e si sono imposti gli interessi e le culture dei colonizzatori. E' cosi che è nata quella che oggi si presenta come la democrazia più esemplare del mondo, quando invece è una tirannia, la dittatura più grande ed impressionante che sia esistita nella storia dell'umanità, la tirannia dell'impero nordamericano.
E se non ci credete, vediamo di che cosa ci ha parlato il signor Presidente (Bush) questa mattina, con una totale mancanza di rispetto per Cuba. E lo fa mentre rappresenta un sistema che ha cercato di assassinare il Presidente di Cuba, il nostro caro fratello Fidel Castro, al quale rendiamo onore perché è stato straordinariamente solidale con i suoi principi nella lotta per l'umanità.
Loro (gli Stati Uniti), che si sono impegnati a mantenere il blocco economico contro Cuba, mentre invece per ragioni di interesse di Stato ed economici hanno pensato bene di non prendere in considerazione i loro cosidetti "principi democratici" e continuano a mantenere relazioni economiche con nazioni con le quali, in teoria, esistono differenze ideologiche. Il capitale li unisce e quindi spariscono le differenze ideologiche.
Con che autorità viene (Bush) a mettere in discussione il diritto dell'Iran, il diritto della Corea del Nord ad utilizzare lo sviluppo dell'energia atomica per fini pacifici? E anche se fosse con un fine militare, con che autorità e diritto li ostacola se (gli Stati Uniti) sono stati gli unici che nella storia hanno lanciato bombe atomiche su popolazioni indifese, come a Hiroshima e Nagasaki? Hanno inoltre già deciso che l'Iran sta sviluppando l'energia atomica per fini non pacifici. E chi ha dato loro questo diritto di decidere? Se lo sono dato da soli e lo impongono a questa Assemblea Generale! Perché questa Assemblea non è altro che un riflesso di questa realtà che vive il mondo, dove una minoranza capitalista e imperialista, s'impone oggi con il capitalismo globale e stabilisce un Ordine per sfruttare, opprimere, impoverire, schiavizzare, provocare l'Apartheid contro gli immigranti latinoamericani e quelli africani in Europa. Perché il capitalismo globale è solo uno, con una testa e con i suoi tentacoli ovunque.
Con che autorità, quindi, fanno questo, se è il paese con il maggior armamento atomico del Pianeta? Con che autorità lo fanno altre nazioni che hanno armamento atomico e vengono qui a cercare di mettere in discussione il diritto di altri popoli allo sviluppo pacifico di energia atomica?
Non è certo questa la strada migliore per l'umanità, perché la strada migliore sarebbe che sparisse l'armamento atomico.
Se gli Stati Uniti, se i presidenti di questo paese, (e non voglio personalizzare la condotta dell'impero a un solo presidente perché l'impero è l'impero indipendentemente dal fatto che il presidente sia democratico o repubblicano), volessero dimostrare veramente che sono convinti che sia necessario porre termine alla minaccia dell'uso dell'energia atomica con fini militari, dovrebbero essere loro per primi a fare il primo passo per iniziare una politica di disarmo nucleare e che ad essa si aggiungano tutti gli altri paesi.
Allora sì che avrebbero l'autorità morale per dire che nessun popolo al mondo deve investire sullo sviluppo atomico con fini militari.
18 anni fa, da questo stesso posto, parlavo della problematica della Palestina, del popolo palestinese bagnato di sangue, con una nazione vicina (Israele) che ha armamento atomico, incastrata in quello che storicamente è stato il territorio del popolo palestinese.
Si parlava anche del popolo di Portorico, questa nazione che ha lottato per la propria indipendenza e che lo sta facendo ancora oggi, mentre gli Stati Uniti continuano a esprimere la propria politica neocolonialista. Combinano le forme di dominazione più avanzate e moderne con le forme di dominazione più antiche, come ad esempio le basi militari di Guantánamo.
Si parlava di corsa agli armamenti e la situazione è uguale. Si parlava di guerra e ci ritroviamo oggi con una situazione peggiore, con questa guerra brutale imposta dall'impero, dagli interessi economici e petroliferi dell'impero.
Ha pensato (Bush) che sarebbe stato facile occupare l'Irak e l'Afghanistan e si è scontrato con la resistenza di questi popoli. Una guerra iniziata con una campagna di menzogne, perché non era vero che l'Irak avesse la possibilità di fabbricare armi atomiche.
Come posso concludere? Che dopo 18 anni il nemico resta sempre lo stesso, si chiama capitalismo globale imperialista e questa situazione la potranno cambiare solo i popoli.
Le popolazioni che sono riuscite ad ottenere la propria liberazione non l'hanno fatto grazie alla buona volontà dell'impero, ma grazie alla lotta, al sangue versato.
La popolazione che ha versato sangue in Sudafrica per ottenere l'indipendenza. Quanti anni di ignominia, sofferenza, schiavitù, di Apartheid in Sudafrica. E allo stesso modo potremmo percorrere tutto il continente africano e incontreremmo altri popoli che hanno raggiunto la libertà, nonostante i moderni colonialisti cercassero di mantenere vecchie e nuove forme d'occupazione e di dominazione.
Sono i nostri popoli quelli che devono portare avanti la battaglia e lo devono fare con l'unità dei nostri popoli, di quelli latinoamericani, centroamericani, caribeños, l'unità intorno all'ALBA. E che non si ripetano azioni come quella lanciata contro il Venezuela, quando hanno cercato di fare un colpo di stato a un presidente eletto democraticamente, cercando di ripetere la storia di Salvador Allende, la storia del Cile.
In quell'occasione la ONU non è intervenuta e nemmeno ha detto che era una vergogna ciò che stava accadendo in Venezuela, perché si stava attaccando un governo eletto democraticamente. L'impero, invece, ha riconosciuto immediatamente gli autori del golpe ed è stato il popolo venezuelano a sollevarsi per rimettere al suo posto il Presidente che avevano eletto.
Sono i popoli che decidono il loro destino!
Non dubito che i rappresentati dei paesi del capitalismo globale e imperialista vengano qui con le migliori intenzioni, ma alcuni continuano a non rendersi conto che le loro proposte assistenzialiste ci insultano!
Cosa vengono a fare le multinazionali nei paesi in via di sviluppo? Dicono che vengono ad aiutare, ma qual è l'impresario che viene ad aiutare? Se viene ad investire lo fa per avere il massimo degli utili e non per investire nel paese, ma per portarseli via, perché i nostri paesi sono visti come insicuri, cioè siamo vittime del saccheggio!
Se paragoniamo le ricchezze che i paesi capitalisti si portano via e gli utili che ottengonono con le loro grandi imprese, i loro grandi capitali globalizzati, con quello che inviano gli emigrati latinoamericani dagli USA o quelli dell'Africa ed Asia dall'Europa alle loro famiglie, è evidente che si tratta di una vera miseria. Lavorano tanto, fanno lavori che nessuno dei locali vuole più fare e ricevono stipendi da fame. Quindi, chi è che sta facendo il favore?
Gli Stati Uniti non stanno facendo nessun favore a questi emigranti latinoamericani ed inoltre arrivano con le loro imprese per guadagnare e per approfittare della manodopera a basso costo e delle condizioni imposte dai TLC.
Libero commercio affinché si scontrino gli esseri umani, le società, le nazioni, per vedere chi è il più forte e chi si impone. La legge della jungla, del libero commercio.
Ciò di cui abbiamo bisogno nel mondo è di un commercio equo e si devono cambiare i concetti di Libero Mercato e Trattato di Libero Commercio, facendo posto al Commercio Equo ed al Mercato Internazionale Equo.
Non è riducendo i sussidi che si risolveranno i problemi, in quanto le differenze tra paesi sono ancora troppo grandi e non servono le briciole, ma cambiamenti profondi, radicali, che portino alla democratizzazione. Solo cambiando le politiche di chi, essendo una minoranza, continuano ad essere i padroni della ricchezza mondiale, dell'armamento atomico, imponendo le loro politiche anche all'interno di questa Assemblea, passando sopra al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, imponendo le loro leggi e la mancanza di rispetto per l'umanità.
Solamente cambiando queste politiche all'interno di questi paesi e governi avremo un mondo giusto. Tutti parlano di questo Mondo Giusto, ma sappiamo che tra il dire e il fare...
...Vi chiediamo di trasmettere ai vostri popoli la convinzione, la sicurezza che oggi più che mai esistono le condizioni per l'unità dei popoli latinoamericani e dei Caraibi. Sta crescendo l'unità dei popoli africani, deve crescere l'unità dei popoli asiatici, ma libera dal capitalismo globale.
Dobbiamo costruire una Grande Unità in Africa, Asia ed America Latina, camminando con la stessa forza e vigore, con gli stessi principi che continuano a rimanere vivi, i principi di chi ha lottato in Africa, di Lumumba, di Sekù Turè. I principi di chi ha lottato in America Latina, negli Stati Uniti ed in Europa.
I principi di questa America Latina di Bolívar, Martí, Sandino, Tupac Amaru.
Ho la certezza e la fede in Dio che così come i popoli, nonostante la repressione, la distruzione, non si sono arresi e nemmeno venduti, oggi più che mai, i popoli si alzeranno con orgoglio, con fermezza, con dignità e non si arrenderanno né venderanno di fronte all'impero capitalista globalizzato".

12 agosto 2007

Usa e Israele uccidono i civili

L'ONU: una ridicola istituzione rappresentativa e esclusiva nelle mani dell potenze imperialiste
Un'immagine dal sito delle Nazioni Unite, con il messaggio degli hackerNEW YORK - Hacker sono riusciti ad entrare nel sito ufficiale delle Nazioni Unite e a inserire un messaggio di protesta contro la politica Usa e israeliana in Medio Oriente. "Questa è una cyberprotesta contro Israele e gli Usa: non uccidete i bambini e altri civili. Pace per sempre, no alla guerra", si legge nel testo, in rosso, inserito da internauti che si firmano kerem 125, MOsted e Gsy nella sezione dedicata alle dichiarazioni del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon. Nella pagina dedicata al capo del Palazzo di vetro (all'indirizzo www.un.org/sg/), gli hacker hanno rimosso i testi degli "Ultimi discorsi" di Ban e inserito tre messaggi con testo uguale. I messaggi compaiono anche su altre pagine web che di solito riportano le dichiarazioni del segretario generale, e attacchi informatici avvenuti in passato in altri siti fanno pensare che almeno uno degli hacker sia di nazionalità turca. Il messaggio degli hacker è visibile anche nella sezione dedicata al portavoce del segretario generale Ban Ki-Moon, dove il testo appare ripetuto tre volte, a grossi caratteri, in nero di fianco alla fotografia di Ban Ki-Moon.

30 luglio 2007

Un mondo senza Bergman

« In realtà io vivo continuamente nella mia infanzia: giro negli appartamenti nella penombra, passeggio per le vie silenziose di Uppsala, e mi fermo davanti alla Sommarhuset ad ascoltare l'enorme betulla a due tronchi, mi sposto con la velocità a secondi, e abito sempre nel mio sogno: di tanto in tanto, faccio una piccola visita alla realtà »

Filmografia [modifica]

Regista cinematografico [modifica]
Crisi (Kris) (1946)
Piove sul nostro amore (Det regnar på vår kärlek) (1946)
La terra del desiderio (Skepp till India land) (1947)
Musica nel buio (Musik i mörker) (1947)
Città portuale (Hamnstad) (1948)
Prigione (Fängelse) (1949)
Sete (Törst) (1949)
Verso la gioia (Till glädje) (1949)
Ciò non accadrebbe qui (Sånt händer inte här) (1950)
Un'estate d'amore (Sommarlek) (1951)
Donne in attesa (Kvinnors väntan) (1952)
Monica e il desiderio (Sommaren med Monika) (1953)
Una vampata d'amore (Gycklarnas afton) (1953)
Una lezione d'amore (En lektion i kärlek) (1954)
Sogni di donna (Kvinnodröm) (1955)
Sorrisi di una notte d'estate (Sommarnattens leende) (1955)
Il settimo sigillo (Det sjunde inseglet) (1956)
Il posto delle fragole (Smultronstället) (1957)
Alle soglie della vita (Nära livet) (1958)
Il volto (Ansiktet) (1958)
La fontana della vergine (Jungfrukällan) (1960)
L'occhio del diavolo (Djävulens öga) (1960)
Come in uno specchio (Såsom i en spegel) (1960)
Luci d'inverno (Nattvardsgästerna) (1963)
Il silenzio (Tystnaden) (1963)
A proposito di tutte queste... signore (För att inte tala om alla dessa kvinnor) (1964)
Persona (1966)
Stimulantia (1967) - episodio "Daniel"
L'ora del lupo (Vargtimmen) (1968)
La vergogna (Skammen) (1968)
Il rito (Riten) (1969)
Passione (En passion) (1969)
L'adultera (Beröringen) (1971)
Sussurri e grida (Viskningar och rop) (1973)
Scene da un matrimonio (Scener ur ett äktenskap) (1973)
Il flauto magico (Trollflöjten) (1974)
L'immagine allo specchio (Ansikte mot ansikte) (1976)
L'uovo del serpente (The Serpent's Egg) (1977)
Sinfonia d'autunno (Höstsonaten) (1978)
Un mondo di marionette (Aus dem Leben der Marionetten) (1980)
Fanny e Alexander (Fanny och Alexander) (1982)
Vanità e affanni (Larmar och gör sig till) (1997)

Regista televisivo [modifica]
Venetianskan (1958)
Rabies (1959)
Ovader (1960)
Ett Dromspel (1963)
Don Juan (1965) - miniserie
Il rito (Riten) (1969)
Misantropen (1974)
Dopo la prova (Efter repetitionen) (1984)
Il segno (De Två saliga) (1986)
Karin's Face (1987) - cortometraggio
Markisinnan De Sade (1992)
Bakanterna (1993)
Sista Skiket (1995)
The Image Maker (Bildmakarna) (2000)
Sarabanda (Saraband) (2003)

Solo sceneggiatura [modifica]
Spasimo (Hets) (1944)
La furia del peccato (Kvinna utan ansikte) (1947)
Eva (1948)
Frånskild (1951)
Sista paret ut (1956)
Lustgården (1961)
Trämålning (1963) - Film TV
Reservatet (1970)
The Lie (1970-73) - Serie TV
Den goda viljan (1991) - Miniserie TV
Con le migliori intenzioni (Den goda viljan) (1992)
Il figlio della domenica (Söndagsbarn) (1992)
Conversazioni private (Enskilda samtal) (1996) - Film TV
L'infedele (Trolösa) (2000)

Teatrografia [modifica]

Regista teatrale [modifica]
Caligola (1946)
I cineasti (1999)

Bibliografia [modifica]

Libri scritti da Bergman [modifica]
Pittura su legno (1955), Einaudi (ISBN 8806160362)
Fanny e Alexander. Un romanzo (1987), Ubulibri (ISBN 8877480661)
La lanterna magica (1990), Garzanti (ISBN 881167414X)
Nati di domenica (1993), Garzanti (ISBN 8811650682)
Con le migliori intenzioni (1994), Garzanti (ISBN 8811669995)
Conversazioni private (1999), Garzanti (ISBN 8811668727)
Il quinto atto (2000), Garzanti (ISBN 8811662362)
Ingmar Bergman: tutto il teatro (2000), Ubuli