5 dicembre 2006

Dalla fine del regime all'inizio del regime

que cuosa facciuamo megliuo...la rivoluziuone o il regiuime

"Putin è buono perchè non è comunista!
Putin va bene perchè è un nostro alleato!
I Ceceni di merda che prima erano dei poveracci che venivano mandati nei gulag da quel "mascalzone" di Stalin adesso sono tutti terroristi."

Gruppi che lottano per i diritti umani in Cecenia, tra i quali Amnesty International e la Memorial Society del Human Rights Centre (HRC) di Grozny, confermano ciò che la giornalista russa Anna Politkovskaya, uccisa il 7 ottobre scorso, ha innumerevoli volte affermato e per cui si è sempre battuta: la Cecenia è oggi sotto il regno del terrore; la stessa giornalista definì infatti la repubblica caucasica "un inferno in terra".
Sul bollettino informativo del Consiglio delle Organizzazioni Non Governative (NGO Council) pubblicato su Livechechnya.org si continuano a leggere casi di detenzioni arbitrarie, violenze, rapimenti e abusi dei diritti umani nei confronti della popolazione civile.
L'NGO Council parla anche delle cosiddette "operazioni speciali" praticate dalle forze di sicurezza governative: gruppi armati entrano con la forza nelle case dei civili, sequestrano le persone e le detengono per alcuni giorni, molte di queste poi scompaiono per sempre, quelle che vengono invece rilasciate riportano segni di violenza e torture.
Come riportato anche da un rapporto di Human Rights Watch diffuso due settimane fa, le persone rapite e detenute illegalmente sono spesso parenti o conoscenti dei sospettati terroristi ceceni ai quali si cerca di estorcere informazioni con la violenza, altri sono invece semplici civili ai quali si costringe di ammettere dei crimini che non hanno mai commesso.
La Memorial Society rivela anche il ritrovamento di fosse comuni e corpi (o ciò che resta di loro) con evidenti segni di tortura; i cadaveri vengono spesso mutilati per rendere i corpi irriconoscibili.
Mentre i gruppi umanitari denunciano le violazioni dei diritti umani e le sparizioni dei civili (secondo il monitoraggio della Memorial Society -che copre solo il 25-30% del territorio ceceno- dal 2002 sono state rapite 1948 persone di cui 685 sono state rilasciate, 189 uccise, 1040 sono ancora scomparse e 34 sotto processo), il premier ceceno filo-russo Ramzan Kadyrov puntualmente smentisce ogni accusa giustificando le operazioni militari con la lotta al terrorismo ceceno ed il presidente russo Vladimir Putin ritiene che la guerra in Cecenia sia ormai terminata continuando a fare affermazioni ottimistiche riguardo al suo piano di "normalizzazione".
Anche le operazioni anti-terroristiche russe, nonostante l'uccisione di alcuni esponenti dei gruppi separatisti, non hanno però represso la resistenza cecena. Al contrario, come riportato dall'agenzia di stampa inglese Reuters, le continue operazioni militari russe fomentano l'odio dei separatisti e spingono anche la popolazione più moderata a prendere parte ai gruppi armati e appoggiare l'insurrezione.
Continuano infatti i bombardamenti dell'esercito russo soprattutto nella zona sud del territorio ceceno dove tra le montagne e la fitta boscaglia si pensa si possano nascondere i gruppi terroristici.
L'agenzia di stampa Reuters riporta anche le gravi condizioni della società cecena: l'80% della popolazione è disoccupata, le ferite di guerra gravano sull'economia e sulla vita quotidiana e le strutture politiche sono affette da un alto tasso di corruzione. Durante la guerra il 100% delle industrie e l'80% delle strutture sociali cecene sono state distrutte. I tentativi di far rifiorire l'economia sono stati bloccati dagli scontri tra i ribelli ceceni e le milizie governative.
L'NGO Council informa anche sulle preoccupanti condizioni sanitarie nel paese, soprattutto riguardo all'aumento dei casi di tubercolosi. Le persone decedute a causa della malattia negli ultimi dieci mesi sono infatti 228 (e questi sono solo i dati ufficiali). La situazione può diventare catastrofica se si pensa che non esiste ancora un programma funzionante per prevenire l'espandersi della malattia e i medici affermano che un paziente in queste condizioni può infettare dalle 20 alle 50 persone.
L'NGO Council spiega anche la preoccupante situazione dei profughi ceceni residenti nelle repubbliche vicine. Il governo russo continua da anni a chiedere il rientro dei profughi ceceni. Attualmente nei territori confinanti con la Cecenia risiedono molti profughi in condizioni di vita precarie: le persone vivono spesso senza alcuna assistenza e senza servizi per i bisogni primari, i bambini spesso non possono andare a scuola perché non accettati dalle scuole locali e gli adulti sono spesso privati del diritto di lavorare. Per di più le associazioni umanitarie accusano il governo russo di aver tagliato i fondi per gli aiuti umanitari, il rifornimento di energia elettrica, gas e acqua al fine di indurre i profughi al rientro forzato.
Coloro che decidono di rimpatriare vengono ospitati nei cosiddetti TAC (Temporary Accomodation Centers) che, secondo quanto affermato dalle organizzazioni non governative operanti nel territorio, non sono affatto una soluzione migliore.
E' di qualche giorno fa la notizia riportata sul bollettino dell'NGO Council riguardo al taglio della fornitura di riscaldamento nel centro di accoglienza temporaneo di Grozny. Ciò comporta, oltre ai normali disagi, il rischio di epidemie per malattie causate dal freddo. Nel TAC di Grozny vivono circa 2.000 persone.
Altra notizia riportata dall'NGO Council è quella riguardante gli abusi e le minacce subite dalle famiglie di nazionalità cecena residenti nell'area di Astrakan da parte degli abitanti della zona. Le famiglie cecene vivono qui in un vero e proprio stato di assedio, ogni giorno ricevono minacce di violenza fisica e vengono istigati con ricatti al rimpatrio forzato.
Le innumerevoli denunce alle autorità locali e persino le lettere inviate direttamente al presidente Putin, nelle quali lo si invitava a provvedere per la loro incolumità, sono rimaste senza risposta.
Tra i diritti umani violati c'è anche la libertà di espressione. Secondo la Memorial Society la popolazione cecena ha paura a parlare dei rapimenti e degli abusi subiti. Secondo un'indagine a Grozny, l'80% dei residenti non è disposto a raccontare la propria esperienza.
Inoltre, come riportato dall'agenzia di stampa Reuters, alcune ONG per i diritti umani si sono viste rifiutare il rinnovo del permesso per operare nel territorio ceceno a causa dell'entrata in vigore di una nuova legge.
Il Cremlino sostiene che l'obiettivo di questa legge sia quello di fermare i gruppi terroristici che potrebbero usufruire delle organizzazioni come copertura, ma le ONG pensano si tratti solamente di una nuova strategia per interdire il loro lavoro e censurare l'informazione.
Anche i giornalisti e i reporter scomodi vengono eliminati e spesso le indagini sulle loro morti rimangono irrisolte. Il Dipartimento di Stato Americano afferma che negli ultimi 6 anni sono stati uccisi 13 giornalisti in Russia. Con l'assassinio della giornalista russa Anna Politkovskaya, il 7 ottobre scorso in Cecenia e nel mondo intero abbiamo perso un altro importante portavoce della verità.

SONO UN RE E UN DITTATORE

1 commento:

Anonimo ha detto...

PUTIN VUOL PASSARE ALLA STORIA COME IL DECOLONIZZATORE DELLA RUSSIA. Il leader provvidenziale che ha ereditato le rovine dell’impero sovietico e ha posto le basi per un nuovo impero russo. Il quinto, dopo quelli di Kiev (circa 850-1240), di Mosca (circa 1400-1605), dei Romanov (1613-1917) e dei bolscevichi (1918-1991), se accettiamo la classificazione dello storico britannico Philip Longworth.
Quando l’ex agente del Kgb salì al potere, il 7 maggio 2000, la Federazione Russa poteva apparire «un Alto Volta con missili nucleari, grandi atleti e silenziosi funzionari» o uno sceiccato fuori area. Un immenso buco nero assoggettato all’egemonia americana, divorato dagli oligarchi e dalla «famiglia» El’cin.
Pochi avrebbero scommesso allora sulla rinascita della potenza russa.
Ossia della Russia tout court. Giacché uno sguardo alla carta geografica
consente di stabilire che la Russia è potente o non è. Il suo spazio confina
infatti con tutti i protagonisti della geopolitica mondiale, effettivi o aspiranti: i primi a est (Stati Uniti, Cina e Giappone), i secondi a ovest (Unione Europea).
A sud Mosca affronta lungo le pendici del Caucaso la pressione islamista, mentre nelle steppe centrasiatiche gioca la partita per il controllo e lo smistamento delle risorse energetiche. Soprattutto, a ridosso delle sue frontiere, all’Oceano Artico al Baltico, dai Balcani al Mar Nero e all’Afghanistan, campeggia la Nato – l’America vestita da Occidente – la cui proiezione ormai illimitata eccita le fobie del Cremlino e ne rinnova la sindrome da accerchiamento. Conclusione: se il potere sullo spazio russo fosse troppo flebile o conteso fra potentati locali, interessati a spartirne le spoglie con i rispettivi protettori esterni, l’impero di Mosca scadrebbe a colonia.